"Vista dal mare, Otranto appare ancora una fortezza, con i bastioni a picco sull’acqua, ma dietro la vuota abbondanza di mura e torrioni, un prodigio di viuzze bianche in salita, in discesa, di casette bianche, di palazzotti tufacei. In queste viuzze i fatti della storia sono rimbalzati, come pomi maturi, da un secolo all’altro, e giunti fino a noi: qui le palle delle bombarde turche, scagliate cinquecento anni fa, reggono i gradini d’accesso alle case o adornano la soglia al “salone” del barbiere, all’ufficio postale, situate ai due lati dell’ingresso."
Maria Corti, L'ora di tutti, Milano: Bompiani, 2012, pp. 15-16
"Le case di Otranto, circondate da giardini, si stendevano in bell' ordine dalla collina al mare e la città terminava a ponente e a levante con due conventi, l' uno di San Giovanni e l' altro di Francesco; la mia casa era sulla collina, nel borgo vecchio, dove abitava solo gente bassa, pescatori o uomini dei magazzini, ma da lassù la vista giungeva oltre la Rocamatura, un braccio di terra che si andava aguzzando nel mare a ponente con cale, portetti e dune di sabbia. Per me niente stava al paragone con Otranto, città dilettevole e ricca, capo di una provincia, signora di molti casali; non c' era sulla terra mestiere che i pescatori otrantini non avessero gusto di fare, quando i cavalloni della tramontana impedivano la pesca: lavorare la creta e il ferro, schiacciare le ulive nei tappeti, vendemmiare sull' altopiano, raccogliere legname."
Maria Corti, L'ora di tutti, Milano: Bompiani, 2012, pp. 22
Maria Corti, L'ora di tutti, Milano: Bompiani, 2012, pp. 58